Capitolo X

Il Progetto  Speciale Lingue Straniere                                                                                    

 

Nel 1978, al ritorno dagli Stati Uniti, Raffaele Sanzo che era stato il promotore e l’organizzatore del soggiorno a San Francisco, convocò a Roma tutti i partecipanti al corso per organizzare nelle rispettive città il cosidetto Progetto Speciale Lingue Straniere. Si trattava di un corso di aggiornamento per insegnanti di ruolo veramente innovativo. Il corso aveva la durata di 100 ore e si svolgeva con incontri settimanali di tre ore per circa 5 mesi nelle varie città italiane in cui erano stati rintracciati dei formatori. Ad un certo punto era anche prevista una settimana intensiva, con incontri giornalieri di 3 o 4 ore. Ad ogni corso erano ammessi 25 insegnanti. Io fui invitato ad orgaizzare il corso a Salerno. Immediatamente chiamai Giuliano Iantorno che proposi come secondo docente del corso. La mia proposta fu accettata dal ministero. Con Giuliano decidemmo l’organizzazione del corso che, nelle linee generali, era già stato preparato a San Francisco affinchè tutti i corsi avessero le stesse caratteristiche. Decidemmo di dividere le tre ore di lavoro in questo modo: nella prima ora io o Giuliano illustravamo alcuni argomenti di metodologia; poi i colleghi che partecipavano al corso venivano divisi in quattro gruppi: due gruppi preparavano lezioni pratiche, unità didattiche e altro materiale da utilizzare a scuola, mentre Giuliano ed io, ciascuno in un gruppo, assistevamo i colleghi, davamo consigli e suggerimenti sul lavoro da svolgere. Gli altri due gruppi erano affidati rispettivamente ad Alison Duguid, inglese, e a Janet Shelly, americana, e facevano esclusivamente pratica di lingua inglese. La pratica della lingua, soprattutto orale, veniva svolta con attività di vario genere, principalmente giochi e lavori in coppia o in gruppi. Pertanto, oltre a non essere affatto noiose, le attività abituavano praticamente gli insegnanti a far uso di lingua inglese e a gestire i gruppi. I questo modo, anche gli insegnanti più tradizionali si rendevano conto personalmente dei benefici derivanti dal lavoro fatto in coppia o in gruppi. Inoltre, dopo i primi tempi, cominciarono a superare l’imbarazzo di dover parlare in inglese. Infatti non venivano interrogate singolarmente da un docente del corso, ma usavano l’inglese tra di loro con la guida di due parlanti native come Alison e Janet. Praticamente gli insegnanti venivano messi nelle condizioni degli studenti, in una situazione non ansiogena, rilassante, motivante e coinvolgente. Quello che bisognerebbe fare a scuola! Queste attività duravano un’ora. Poi, all’inizio della terza ora, i gruppi si scambiavano attività ed insegnanti. Ovvero i colleghi che avevano lavorato con me e Giuliano passavano a far pratica di lingua inglese con Alison e Janet, e gli altri venivano da noi a fare lavoro di gruppo. Alison veniva dal British Council di Napoli mentre Janet Shelly, da poco in Italia, mi era stata presentata da mia moglie Paola. Janet, infatti, all’epoca lavorava come assistente di lingua inglese presso l’Istituto professionale “Fortunati” dove insegnava mia moglie. Il corso si rivelò di grande successo perché venivano tenuti in considerazione sia l’aspetto teorico della metodologia, sia l’applicazione pratica a scuola, e sia la pratica della lingua da parte degli insegnanti.

 

Nel 1979 e nel 1980, Raffaele Sanzo invitò me e Sirio Di Giuliomaria ad incontrare i nuovi formatori che andavano negli Stati Uniti a fare lo stesso tipo di corso che avevamo fatto noi. Parlavamo loro delle nostre esperienze, di come poi avrebbero dovuto organizzare i corsi del Progetto Speciale nelle loro città, di come reperire gli insegnanti, degli argomenti da trattare. Conobbi molti colleghi da varie parti d’Italia, molto bravi e preparati. Tra essi, Luisa Zatti e Mario Di Troia che, in seguito, avrebbero collaborato con me in varie iniziative di cui parlerò più avanti. Tra l’altro questi formatori, quando poi negli anni successivi organizzavano i corsi nelle loro città, quasi sempre invitavano me e Sirio a tenere una lezione su uno degli argomenti dove eravamo preparati meglio di altri. Anche per questo motivo ho girato l’Italia in lungo e in largo, intervenendo in decine e decine di corsi, seminari e convegni. Spesso per le spese interveniva la Zanichelli, perché i corsi non potevano consentirsi neppure le spese di viaggio. Il vitto e l’alloggio erano spesso forniti dal collega che ci invitava. Cioè, per risparmiare, dormivamo dal collega e mangiavamo qualcosa a casa sua. Ma il piacere di incontrare tanti insegnanti, con esperienze e situazioni diverse alle spalle, era veramente stimolante.

 

Tenni i corsi del Progetto Speciale fino al 1986, anno in cui decisi di andare in pensione per dedicarmi meglio alla progettazione di libri di testo, allo studio approfondito di vari rami della metodologia delle lingue straniere, e alla partecipazione a corsi di aggiornamento come freelance, ovvero libero professionista. Già Sirio Di Giuliomaria era andato in pensione un paio di anni prima e, per uno strano regolamento vigente all’interno del ministero della pubblica istruzione, anche lui dovette smettere di tenere corsi del Progetto Speciale. La norma, infatti, pare che dicesse che chi andava in pensione non poteva più fare il direttore o l’organizzatore di corsi di aggiornamento. Un cosa abbastanza singolare, considerando che, una volta in pensione, tutti noi avevamo molto più tempo di organizzare questi corsi. Per non parlare poi dell’esperienza acquisita e buttata al vento! Anche i responsabili e i colleghi americani, oltre ai colleghi inglesi che lavoravano con noi nei vari corsi, non riuscivano a spiegarsi una decisione del genere. Incredibile!

 

 

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